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Un’esperienza di counselling in ambiente ospedaliero

Un’esperienza di counselling in ambiente ospedaliero

Mi chiamo Pietro Chirichella e lavoro nell’azienda ospedaliera “San Giovanni Bosco” come infermiere presso la Terapia Intensiva Coronarica. Considerando la responsabilità, come infermiere, di individuare e sostenere i bisogni delle persone assistite attraverso la visione olistica di chi prendevo cura e che contino tutt’ora, ci fu un momento, almeno 10 anni or sono in cui mi chiesi con quali strumenti aggiuntivi potevo offrire il mio contributo come professionista sanitario. La risposta non tardò ad arrrivare, quando una collega descrisse il percorso di counselling, come proposito per aiutare se stessi e gli altri. Indagando sul web sugli svariati orientamenti del counselling, la gestalt colpì il mio interesse, sia perché mi avrebbe permesso di affrontare un percorso di crescita e di maturazione per me stesso e sia perché avrei potuto offrire il medesimo aiuto agli altri.Scelsi pertanto di intraprendere il triennio della scuola di counselling gestalt di Torino.  

Il progetto del corso “infermiere/counsellor; un equilibrio tra mente e corpo” nasce per lo più nel 2013 come presupposto di offrire ai colleghi infermieri spunti di riflessioni che rispondano alla capacità di interagire all’ambiente lavorativo in maniera assertiva, consapevole e responsabile. In quell’anno partecipai al corso suddetto come discente perché mi sentì attratto dall’obiettivo, in quanto sentivo che mi avrebbero permesso di inquadrare e interagire nell’ambito lavorativo utilizzando gli strumenti che in parte già conoscevo e di come potevo adattarli in relazione non solo con i pazienti ma anche con le altre figure professionali. Durante uno degli scenari messi esposti in plenaria dai  docenti del corso, adottai una comunicazione appresa durante la formazione sul Counselling che interesso’ questi ultimi, a tal punto di invitarmi ad entrare nel loro team nelle successive edizioni. 

Da allora, che il diffondersi del counselling e’ andato sempre in salita, e molti infermieri, attraverso un passa parola hanno chiesto la partecipazione al sopracitato corso di formazione. Insieme agli altri collaboratori, formatisi presso scuole di counselling differenti, il programma è stato adattato per rispondere ai diversi bisogni dei partecipanti. Nella mia esperienza come infermiere ho avuto modo di notare quanto le molteplici responsabilità cui sono state decretate agli infermieri induca costoro ad intense reazioni legate al burn out e che non sussistano sportelli di ascolto all’interno dell’azienda ospedaliera. Solo attraverso un colloquio con i colleghi con cui ci si sente più affini che alcune verità-solitamente celate-emergono in superficie.

Ciò mi ha permesso di considerare che la maggior parte dei bisogni “professionali” non vengono presi in considerazione dai vertici della piramide ospedaliera, e che ciò comporta non solo disagio verso gli operatori sanitari ma anche verso le persone assistite, come in una forma di risonanza. Io e gli altri docenti del corso aziendale abbiamo la piena consapevolezza di non avere né il tempo né le energie sufficienti per risolvere i conflitti che i discenti espongono durante le ore di formazione, ma di offrire la la prospettiva di essere presenti nel qui e ora, in primis, e di porre le domande secondo la maieutica di Socrate. 

Domande come “come sto in questo momento?”, “cosa provo/sento ora ?”, “come sto reagendo in merito a…?” vengono continuamente suggerite per giungere a quel grado di consapevolezza utile per poter vivere e lavorare con empatia e resilienza.  Personalmente ho messo in campo gli aspetti pratici di quanto i collaboratori espongono in termini teorici come  ad esempio qui e ora, l’ascolto, la presenza, l’esplorazione delle introiezioni e le proiezioni.

I miei interventi mirano a sperimentare il momento presente attraverso la presa di coscienza del corpo mentre i discenti sono seduti, in piedi, mentre camminano, focalizzandoci sul respiro, esercizio del cibo per sperimentare, ad occhi chiusi, le sensazioni di cosa indichi ricevere informazioni/nutrimento dall’ambiente, ma anche per rendersi conto di come i pazienti vivono l’esperienza di essere presi in cura. Altri esercizi che ho adottato sono la rappresentazione di una incontro utilizzando l’acronimo G.A.S. (Guardo Ascolto Sento), già conosciuto durante i corsi di emergenza Bls. Difatti, anche durante una seduta il GAS viene preso preso in considerazione per rimandare i propri feedback.

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